Il faro dell’isola della Bocca

 

E’ tra i più importanti porti italiani, divenuto famoso per essere la principale porta della Costa Smeralda, accoglie ogni anno milioni di turisti e smercia tonnellate di merci: in quanti di voi conoscono il porto commerciale di Olbia ?
Sicuramente in tanti, ma in quanti conoscono quel faro solitario che si erge nel suo mezzo?
Probabilmente in pochi.
Situata nel mezzo del golfo olbiese si erge la piccola isola della Bocca, il cui nome originale era La Pagliosa, perché le sue rive si riempivano di Posidonia dopo le forti mareggiate.
Probabilmente il canale portuale di Olbia era (ed è) il più importante della Sardegna e, in principio, per poter segnalare l’ingresso del porto alle navi veniva utilizzato un battello fanale che, però, durò pochissimo. Il traffico navale divenne sempre più inteso e divenne necessario un intervento per poter supportare le numerose imbarcazioni che si insediavano nel porto di Olbia.

Per ovviare al problema venne costruita una struttura composta da una torre quadrangolare di 24 metri e da un edificio a due piani in cui, al suo interno, vennero realizzati gli appartamenti dei fanalisti e delle loro famiglie.
Oltre a questa vennero edificate altre tre piccole strutture, adibite a magazzini e levatoi.
Il faro venne messo in funzione dalla Marina nel 1887.
La torre venne dotata di:

  1. un gruppo ottico di tipo fisso, la cui luce ha una portata di 15 m;

  2. da un nautofono, per le giornate di nebbia, che invia un segnale sonoro ogni 30 secondi (la lettera ‘B” dell’alfabeto morse) con una portata di tre miglia;

  3. da un racon, un apparecchio che emette un segnale elettromagnetico che viene captato dal radar delle navi e indica la posizione del faro.

Al momento dell’attivazione, nel 1887, la spia luminosa del faro veniva alimentata a petrolio, nel 1920 l’impianto venne trasformato a gas mentre la corrente elettrica arrivò nel 1967.

Come detto poco fa nella struttura erano presenti degli appartamenti la cui funzione era quella di ospitare il fanalista, il cui compito era di occuparsi della manutenzione e del funzionamento del faro, e la sua famiglia.

Il lavoro all’interno del faro non facilitava la vita ai suoi occupanti che si ritrovavano costretti a vivere distaccati dal resto della comunità e questo, delle volte, recava dei disagi.
Una dei residenti del faro, Stefania Degortes, dichiarò che:

«In alcuni periodi vivevamo in città, in altri direttamente al faro. L’isola Bocca la raggiungevamo in barca. I fanalisti facevano i turni e oltre al faro grande pensavano anche alla manutenzione dei fanaletti della canaletta del porto»

Continuando con il racconto spiegò come una delle sue figlie ha rischiato di dover partorire nel faro e dei diversi disagi che si sono dovuti affrontare:

«Era pronta a partorire e di corsa l’hanno accompagnata a Olbia in canottino. I disagi non mancavano di certo. Negli anni Cinquanta ci si illuminava con la candela, perché l’elettricità non era ancora arrivata. La spesa si faceva una volta alla settimana e solo quando il tempo era buono, mentre le famiglie che ci abitavano prima curavano anche un orticello».

Dopo 130 anni il faro continua a svolgere il suo ruolo di “sentinella” del golfo e, con il calar del sole, lo si può vedere funzionare fino all’alba.

Venne abitato fino al 1991, anno in cui i sistemi vennero automatizzati e gli unici lavori necessari erano quelli di manutenzione.

La “porta del golfo di Olbia”, divorata dalla salsedine, le sue stanze abitate, oramai, da piccioni e gabbiani resta una specie di miraggio. Una struttura così bella andrebbe sicuramente valorizzata ma, per adesso, è un obbiettivo di molti fotografi, e non solo, osservabile dalla spiaggia del lido del Sole oppure dal lato opposto nelle coste di Cala Saccaia.

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