Tradizioni carnevalesche

 

Carnevale è un periodo dell’anno che per tanti non ha un significato particolare mentre per altri è il momento del divertimento più viscerale, della trasgressione o ancora del grottesco, comunque prevale la voglia di divertirsi e di uscire fuori dagli schemi. Tutta l’Italia festeggia questo momento, ognuno a modo suo, a partire da Venezia passando per Cento (che fa un carnevale gemellato con Rio), Putignano, Viareggio, Sciacca (definito “come Bahia”) fino ad arrivare a Sa Sartiglia di Oristano, si da sfogo alla propria immaginazione e ai propri desideri, sfoggiando tutto lo splendore possibile.

Di questo periodo, in cui l’unico scopo è divertirsi, bere, mangiare, cantare e ballare, mi è capitato di parlare con degli amici nel tentativo di fare un “confronto” fra il Carnevale vissuto in Sardegna nei piccoli centri e quello tanto conosciuto e blasonato di Venezia o Viareggio (prendendo come esempio quelli più famosi).

Ovviamente sono dei carnevali meravigliosi in cui sfilano carri artisticamente, tecnologicamente e strutturalmente maestosi, dietro a cui ci sta un lavoro di tanti mesi con investimenti finanziario-turistici veramente importanti.

Mah, cosa ci differenzia?

Ok, i carri di Viareggio non si battono (sicuramente), così come non si può far confronto (probabilmente) con i colori di Sciacca o la trasgressione di Cento, mentre per quanto riguarda le maschere possiamo dire la nostra: basti pensare alla maschera dei Mamuthones e Issohadores, Boes e Merdules oppure Su Maimulu etc.

Comunque abbiamo Carnevali di altissimo livello che certo non competono con quelli precedentemente nominati ma che comunque hanno un grosso richiamo e seguito, come quello di Bosa, Mamoiada, Tempio e Oristano, quindi:

cosa ci distingue ?

La risposta per noi chiacchieroni e appassionati del carnevale è stata abbastanza semplice:

il modo di affrontarlo e viverlo.

Mi spiego meglio.

Prendo ad esempio un’ambito locale più piccolo e cioè il mio paese di origine, il Comune di Monti, in cui da decenni si porta avanti una tradizione carnevalesca: Su laldajolu.

E’ una tradizione Montina, nata quasi per caso che ha avuto inizio negli anni ’60 ed ogni anno da allora si ripete e si rinnova, riuscendo a trasmettere un bel senso di unione paesana e un bell’inizio di Carnevale (perché Su Laldajolu coincide col Giovedì grasso). E’ bell’aiuto per gli anziani ospiti della casa di riposo perché viene effettuata una sorta di questua paesana con una raccolta, effettuata da volontari in maschera che al grido di “Su Laldajolu” bussano ad ogni casa del paese (ognuno donerà ciò che vuole e può, da generi alimentari a prodotti per la casa),  devoluta totalmente alla casa di riposo stessa ed ai suoi ospiti con i quali, alla fine della raccolta, si pranzerà e si terrà loro un po’ di compagnia con spirito gioviale (musica, danze) e prettamente carnevalesco. 

Questo è un esempio di come si festeggia il carnevale in Sardegna (in questo caso a Monti) e, probabilmente, altri paesi avranno tradizioni particolari che in pochi conoscono.

Il “bello” del Carnevale in questi piccoli centri, secondo me, è proprio la particolarità con cui si festeggia, nonostante i carri non siano da competizione ed i costumi spesso siano improvvisati e non curatissimi nei dettagli.

Quindi il carnevale anche nel suo piccolo può essere un gran carnevale e questa è una mia convinzione data dall’esperienza de “Su Laldajolu” montino e dalla particolarità di una sfilata povera di effetti speciali ma ricca di goliardia, amore, passione e voglia di alcolizzarsi.

Per cui sono convinto che tutti possano vivere un gran carnevale a prescindere da dove convivano.

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