Su mortu mortu (I morti morti), l’halloween sardo

Come è risaputo il 2 novembre si festeggia la commemorazione dei defunti e in Sardegna c’è un modo particolare per celebrare questo giorno.

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La tradizione prevedeva questo:

dopo la visita al cimitero e la messa, si tornava a casa a cenare, con la famiglia riunita. A fine pasto però non si sparecchiava, lasciando tutto intatto per gli eventuali defunti e spiriti che avrebbero potuto visitare la casa durante la notte.
Prima della cena, i bambini andavano in giro per il paese a bussare alle porte, dicendo “Morti, morti” e ricevendo in cambio dolcetti, frutta secca e, in rari casi, denaro.

Questo è quello che prevedeva la tradizione ma in realtà (o magari in alcuni paesi accadeva/accade in questa maniera) dalle mie parti “Su mortu mortu” (“I morti morti”) venivano vissuti in maniera diversa.

Più passa il tempo e più tradizioni come questa vanno via via morendo tra le nuove generazioni e, a parer mio, non hanno idea di cosa si perdano.

Ricordo ancora come all’avvicinarsi di quel giorno incominciavano i preparativi con gli amici ed ognuno aveva “tattiche” diverse per poter avere il bottino migliore.

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Ci stavano delle “regole” non scritte che si cercava di rispettare, come, ad esempio:

  1. la più importante, uscire in comitive formate da al max tre persone anche se il numero perfetto era due. Questo perchè passando di casa in casa riuscivi a ricevere più cose rispetto a quelle compagnie che si presentavano anche a gruppi di cinque (o più persone);

  2. faceva a gara con la uno, però credo possa stare tranquillamente nella seconda posizione. Era assolutamente vietato portarsi esclusivamente una busta ma era necessario, al fine di renderla il più resistente possibile, metterne una dentro l’altra;

  3. i “veterani” sapevano in quali case potevano aggiudicarsi il bottino migliore e quindi partivano il prima possibile e cercavano di evitare le altre comitive.

Probabilmente c’è ne stavano altre ma credo che queste fossero l’ABC per andare a “Morti morti”.

All’inizio ho detto che il modo che avevamo di fare fosse diverso da quello che diceva la tradizione, questo perchè, innanzitutto, non ho mai visto fare una cena e lasciare tutto apparecchiato per gli eventuali defunti e spiriti e, sopratutto, perchè il giro per le case l’ho sempre visto fare durante la giornata.

E’ possibile che mi sbagli e magari, la sera prima del 2 novembre, ci stava chi faceva le cose secondo la tradizione ma io (come tanti altri) abbiamo sempre fatto in maniera differente.

Una volta organizzati, la mattina dei “morti morti” ci si vedeva non prima delle nove, questo perchè era risaputo che incominciando troppo presto molte persone dormivano oppure si stavano ancora preparando per poterci accogliere.

Durante i vari giri capitava di incontrare le altre compagnie e si faceva il punto della situazione di quello che si aveva raccolto: ci stava chi aveva molta frutta secca, chi aveva molte caramelle, chi aveva prevalentemente dolci, chi un po’ di tutto e, i più fortunati, erano riusciti a racimolare qualche soldo. Con le compagnie più brave si riusciva a fare degli utili scambi mentre con altre ere meglio girare alla larga.

Alla fine della giornata si controllava con l’amico (amici), con cui si era girati, quello che era stato raccolto e, se si avevano dei soldi, venivano messi assieme e si andava a comprare qualcosa (la meta più agognata era l’edicola) che, in seguito, veniva divisa.

Sono ormai lontani quei tempi ma è bello ricordarli sia perchè ti rivengono in mente tanti bei momenti e, in particolare, perchè trovo utile non far dimenticare queste tradizioni.

Oramai va di moda “Halloween” una festa americana imitata da noi italiani e ci si dimentica che non abbiamo nulla da invidiare dagli altri ma anzi, abbiamo delle bellissime tradizioni che possiamo (e dobbiamo) portare avanti.

Io ho raccontato di quella sarda ma ogni regione ne ha una da raccontare.

Vedo ormai tanti giovani (intendo con fasce d’età dai 14 anni in giù) che quasi si vergognano a fare certe cose quando in realtà penso che bisognerebbe vergognarsi di più nel ricopiare una tradizione altrui e di dimenticarci quelle proprie.

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