Su carru ‘e Nannai

Ultimamente mi è capitato di imbattermi nella lettura di un libro molto “impegnativo” indicato ad un pubblico superiore ai 7 anni, in cui vengono descritte quelle storielle che ci venivano raccontate da piccoli (solitamente dalle nonne) sempre meno conosciute nei giorni nostri.
Si tratta di storie abbastanza brevi ma molto carine e divertenti ed oggi andrò a raccontarvi quella del “Su carru ‘e Nannai”.
Spesso mi sono sentito dire “Gabob, prendi il tempo per come viene” ed, effettivamente, non si può pretendere che Madre Natura ci accontenti sempre per tutto e in tutto, sembra che, finalmente, il cielo si sia deciso a cambiare umore lasciando spazio all’inverno e mollandosi alle spalle quelle tiepide giornate che tanto ricordavano la primavera.
La natura è capace di sollevarci il morale con il germogliare dei fiori in primavera e le sue calde giornate estive ma è altrettanto capace di spaventarci con i suoi fulmini e tuoni.
Quando alziamo gli occhi al cielo e vediamo che è talmente gonfio d’acqua che sembra abbia risucchiato tutto il mare; quando siamo in balia dei violenti temporali estivi che rovinano i campi di grano e gli orti colorati di melanzane, angurie, pomodori e meloni; quando violenti grandinate rovinano le vigne a tal punto di mandare all’aria il duro lavoro di un’intera annata; quando i lampi squarciano il cielo, le montagne tremano e l’aria sembra pronta ad esplodere …allora … e solo allora … ci rendiamo conto di quanto l’uomo possa essere impotente difronte a tanta imponente e terribile maestosità.

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Grandi e piccoli temono la furia della natura anche se sono delle paure “diverse”: i grandi temono di perdere quei beni materiali utili per il quieto vivere della famiglia mentre i più piccoli pensano che il Mondo stia per andare in frantumi da un momento all’altro.

In tempi lontani ma, pensandoci bene, neanche così tanto lontani, quando la Natura scatenava indisturbata la sua furia, nella speranza di poterla calmare si usava pregare.
Le donne, rosario in mano, pregavano, pregavano e recitavano antiche cantilene.
Chi invocava San Martino, capace di affrontare e sconfiggere i demoni e placare la natura con le parole buone e giuste … “A fora, deo a intro e tue in fora, Santu Martine in paraulas bonas” (fuori, io dentro e tu fuori, San Martino in parole buone) … c’era chi invoca Santa Barbara … “Sant’Arvara de sos campos salvat nos dae tronos e dae lampos ..” (Santa Barbara dei campi salvaci dai tuoni e dai lampi) … e chi, invece, confortava i bambini.
Ai bambini gli venivano raccontate le cose più strane per far si di scacciare il terrore dalle loro menti e dal loro cuore.
Una di questa storie raccontava di un carro sgangherato e rumoroso di un vecchio antenato un po’ stravagante, che correva a perdifiato tra le nuvole e che quindi creava tutto quel trambusto, turbando l’animo dei più piccoli: su carru ‘e Nannai, appunto.
Veniva loro raccontato che un uomo, molto probabilmente un nonno o, addirittura, un bisnonno sfrecciava fra le nuvole con un carretto creando un gran fracasso. I bambini, incuriositi, chiedevano come fosse possibile che un nonno con un vecchio carretto potesse creare tutto quel baccano e correre così veloce.
Gli veniva raccontato che Nannai lo avesse “truccato” e nonostante la storia potesse sembrare bizzarra …. funzionava !
Molti bambini provavano a sbirciare fuori dalla finestra nella speranza di poter vedere, anche solo lontanamente, questo fastidioso signore che con il suo carro creava tutto questo scompiglio, ma la paura era tanta e si preferiva rimanere tra le braccia della donna nell’attesa che tutto quel trambusto potesse finire.

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Ai più piccoli veniva raccontata una filastrocca e con questa vi saluto:

Su carru ‘e Nannai

In quell’anno di un tempo che non torna mai

Era chiamato Su carru ‘e Nannai.

Un carro è un carro, questo lo sai

Ma chi era questo Nannai ?

Forse era un nonno, forse un bisnonno

C’è davvero da perderci il sonno.

Quando c’era un temporale

Sentivo la mamma invocare

su carru ‘e Nannai, su carru ‘e Nannai

è tornato a mietere guai”.

Andava nel cielo come un pazzo

e faceva un gran fracasso

Tagliava le nuvole solcava montagne

Si allagavano campi e campagne.

Con un carro sgangherato

Lui correva come un matto:

Nannai, senz’altro, lo aveva “truccato”.

Che rumore quelle catene

Ti tremavano anche le vene.

Alla mamma che pregava

la sorella replicava

Su carru ‘e Nannai su carru ‘e Nannai

Pare svelto ma non arriva mai.

Ma chi era questo Nannai?

Forse era un nonno, forse un bisnonno

C’è davvero da perderci il sonno.

Le ruote di ferro in un carro di legno?

Nannai ci ha messo tutto l’ingegno.

Ma se c’era il temporale

Che lanciava qualche strale

Stai pur certa stai sicura

Che passava la paura

Se la mamma ti spiegava

Che era Nannai che se la spassava.

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