L’editto delle chiudende

Ogni tanto mi vengono in mente queste strane idee in cui vi porto contenuti del tutto sopra le righe e questa volta andremo a vedere una fase storica molto importante per la Sardegna, sia da un punto di vista legislativo che culturale : il periodo cosiddetto delle chiudende.

Fu un momento storico particolare perché, sostanzialmente, venne introdotta la privatizzazione dei terreni e questo sarebbe dovuto essere positivo per i Sardi, invece portò a risultati tutt’altro che “felici”, ma andiamo per ordine.

La Sardegna è sempre stata un luogo in cui la pastorizia e l’agricoltura sono stati il fulcro dell’economia e tutt’oggi sono di vitale importanza per noi sardi.
Una peculiarità che mi è sempre piaciuta di noi è il “sapersi aiutare a vicenda”, in modo tale da uscirne fuori dalle situazioni più difficili.

Delle volte, per ricambiare il favore ricevuto, si preferisce regalare del cibo, del vino o dare la possibilità di poter far pascolare il gregge del vicino di campagna nel proprio appezzamento di terreno piuttosto che chiedere dei soldi, così facendo si accontenta tutti creando le basi per un rapporto forte e longevo.

Questi fatti accadono tutt’oggi e quindi immaginatevi come poteva essere nel 1800 quando il soldo tendeva ulteriormente a mancare nelle famiglie e un pezzo di pane in più faceva la differenza, di conseguenza il saper gestire i rapporti era importantissimo perché ti permetteva di non avere problemi con i vicini e oltretutto ti facilitava il lavoro.

Sardegna

Per chi, ad esempio, aveva un gregge e ciclicamente doveva transumare il bestiame da un terreno all’altro era importante che avesse buoni rapporti con i vicini in modo da poter passare nei loro terreni e fare la transumanza nel migliore e veloce modo possibile.
Accadde però che nel 1820 l’allora Re di Sardegna Vittorio Emanuele I emanò un provvedimento legislativo, poi pubblicato nel 1823, il cosiddetto Editto delle chiudende più precisamente nominato “Regio editto sopra le chiudende, sopra i terreni comuni e della Corona, e sopra i tabacchi, nel regno di Sardegna”.

Sostanzialmente si autorizzava la recinzione dei terreni, che per tradizione erano considerati di “proprietà collettiva”, introducendo di fatto la proprietà privata. L’agricoltura non attraversava un periodo roseo e oltretutto le condizioni agricole erano antiquate, l’editto mirava a favorirne sia la modernizzazione che lo sviluppo oltre che “autorizzare, liberamente, qualunque proprietario a chiudere di siepe, o di muro, vallar di fossa, qualunque suo terreno non soggetto a servitù di pascolo, di passaggio, di fontana o d’abbeveratoio”. Egual licenza era concessa ai comuni, per i terreni di loro proprietà, ed in tutti terreni chiusi in applicazione dell’editto era “libera qualunque coltivazione, compresa quella del tabacco”.

In realtà quello che ne venne fuori fu il caos più totale.

Facendo un piccolo passo indietro, delle chiudende se ne parlava già da tempo perché, anche se ancora non era uscito l’editto, la recinzione dei propri terreni da parte dei proprietari privati esisteva e infatti già nel 1806 si rilevava un certa frequenza di abbattimento di recinzioni da parte di quei pastori che dovevano far passare il proprio gregge da un terreno all’altro.
In pratica l’editto sarebbe dovuto essere un atto ufficiale che rendesse la situazione legalmente valida e che avrebbe dovuto migliorare la situazione: ma immaginatevi cosa ne venne fuori quando le gente capii che poteva “legalmente” recintare i terreni.
Non sono uno storico ma credo che a quei tempi non esistessero gli accatastamenti così come non immagino i sardi di quel periodo stringersi la mano per trovare accordi comuni sul come “spartirsi i terreni in maniera equa”: fu una gara a chi prima chiudesse il pezzo di terreno, una gara a cui non tutti poterono partecipare in quanto molti seppero dell’editto in ritardo.

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L’avidità (e la fame) furono padroni di persone che non ebbero scrupolo alcuno a chiudere immense estensioni di terreno e, cosa ben più grave, al solo scopo di estorcere soldi a quei pastori che erano costretti a passare nelle “proprietà” terriere per la transumanza o per nutrire il proprio bestiame in ben determinati piazzamenti di terreno.
Di conseguenza un editto che avrebbe dovuto gettare le basi per una migliore economia agropastorale contribuì a formare fenomeni come il banditismo e faide famigliari.

Violenti episodi di malcontento popolare si riscontrarono nel centro Sardegna e, più precisamente, a Gavoi con l’abbattimento di tre “chiusi” e con discussioni fra i “demolitori” e “danneggiati”, si susseguirono a Mamoiada, Nuoro, Fonni, Bitti ed altri paesi, luoghi che vennero messi letteralmente a “ferro e fuoco”. Diversa era invece la situazione nel sud dell’isola in cui l’editto venne accolto più positivamente sopratutto perché gli agricoltori erano in gran numero e potevano proteggere (finalmente) le loro coltivazioni.

banditi

In linea generale l’editto delle chiudende portò più male che bene e nonostante venne riformato (nel 1830) il livello di malcontento rimase sempre altissimo, esso fu idealmente seguito nel 1865 da una legge con la quale si aboliva l’istituto degli ademprivi e si imponeva una tassazione particolarmente onerosa sulle abitazioni: la tassazione aveva si dei correttivi e prendeva delle agevolazioni, ma queste erano in massima parte inapplicabili nella strutturazione urbanistica sarda, costituita di piccoli villaggi, perché prevista per quelle abitazioni completamente isolate. Si ebbe un esproprio ogni 14 abitanti, mentre la media nazionale era di uno ogni 27000.

Questo provvedimento, insieme all’editto delle chiudende, divenne la causa dei disordini sfociati a Nuoro nel 1868 con la rivolta nota come “Su Connottu”, rivolta di cui sarò ben lieto di potervi parlare nei prossimi articoli.

Ho deciso di inserire questo articolo nelle sezione di “Cronaca nera sarda” perchè, nonostante non abbia scritto nulla che riguardasse omicidi o sparatorie, questa fase storica della Sardegna sancì l’inizio di fenomeni come il bandistismo oltretutto molte faide ebbero inizio proprio a causa dell’editto, in cui si videro famiglie spararsi, accoltellarsi, mettere a fuoco terreni o far saltare in aria abitazioni per potersi accaparrare un pezzo di terra in più.

Al prossimo articolo.

Gabob

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