La battaglia di Osposidda

Si riprende il viaggio della cronaca nera della Sardegna ed oggi andremo a vedere i fatti accaduti ad Oliena nel 1985 e riguardanti la “Battaglia di Osposidda”.
Questa è una vicenda lugubre e sconosciuta, o per lo meno non molto nota, ma certamente un passo fondamentale nella storia del banditismo sardo, e questo non tanto per il sequestro in se ma per le dinamiche che si svilupparono in seguito al rapimento.
Viene messa sotto la luce una faccia della Sardegna che spesso non è conosciuta nemmeno da noi sardi e chi invece la conosce, la mette nel dimenticatoio o evita di parlarne.
Tra i tanti pregi e difetti che ci vengono accostati quello che, secondo me, spicca rispetto a tutti quanti è … la capacità di cooperare in caso di bisogno.
La vicenda colpì un imprenditore olianese, Tonino Caggiari, e mai nessuno si sarebbe aspettato che quel giorno potesse diventare un viaggio verso la morte non per Tonino ma per i sequestratori.
Il tutto ebbe inizio il 17 gennaio 1985 intorno alle ore 17:30.
I sequestratori agirono in quattro trasportando Tonino fuori dal paese a bordo di una Fiat 128 e l’allerta venne fatta scattare da una vicina di Caggiari che informa allarmata il 113 dopo aver sentito le richieste di aiuto del magazziniere (Tonino Corrias), legato dai rapinatori.
Mentre alcuni paesani si lanciano all’inseguimento della Fiat contemporaneamente scatta il piano antisequestri con il dispiegamento delle forze dell’ordine.
Caggiari era un persona conosciuta e ben voluta dai suoi compaesani perché uomo attivo e positivo all’interno della comunità, motivo per cui gli olianesi si unirono alle ricerche insieme alle forze dell’ordine.
Quando in Sardegna si verificavano situazioni simili era quasi impossibile che le forze dell’ordine riuscissero a trovare la persona rapita perché, generalmente, i sequestratori avevano una conoscenza del territorio superiore (lo conoscevano meglio delle proprie tasche) e se non si volevano far trovare …. non riuscivi a trovali. (Per esperienza personale vi assicuro che il territorio è talmente ricco di anfratti, grotte, sentieri, grossi cespugli ecc., che diventa impossibile notare chi vuole osservare e contemporaneamente celarsi ai tuoi occhi).
Di conseguenza, in situazioni del genere, l’aiuto della popolazione diventava di vitale importanza perché quelle persone conoscevano le zone bene quanto i sequestratori e la possibilità di avere una ricerca con esito positivo diventava più reale.
Quindi le ricerche, appunto, vennero avviate nel Supramonte di Oliena il giorno seguente (il 18 gennaio) e furono proprio i volontari olianesi ad indicare alle squadre dei marescialli Serra e Pusceddu il luogo in cui i rapinatori si erano fermati in località Osposidda (zona campestre ubicata, appunto, tra i comuni di Orgosolo ed Oliena).
Ma, nonostante tutto, la cooperazione tra carabinieri, polizia e abitanti del paese fece nascere delle interferenze che risultarono fatali.
Forse per la migliore conoscenza del territorio rispetto alle forze dell’ordine, forse perchè l’essere più veloci, nel spostarsi, dei banditi, forse per tutta una serie di cause che il primo contatto con i sequestratori lo ebbero, appunto, gli abitanti del posto.

I banditi così rilasciano l’ostaggio ai suoi paesani e si mettono in fuga, le forze dell’ordine vengono avvisate ed è così che inizia la battaglia di Osposidda.

Saranno quattro ore di dura e selvaggia battaglia al termine delle quale si avrà un vero e proprio bollettino di guerra.
I malviventi ingaggiano un primo conflitto a fuoco con la polizia in cui ne fa le spese il latitante Giuseppe Mesina.
Gli spari continuano così come il sangue versato.
Perde la vita anche il sovrintendente Vincenzo Marongiu mentre Mauro Torti (comandante della squadra cinofila di Nuoro) e il carabiniere Carmelo Mureddu rimangono feriti.
Nel mentre altri spari riecheggiano nel Supramonte, altre pallottole pesanti cadono sui ramoscelli di timo, altri due latitanti perdono la vita: Giovanni Corraine e Salvatore Fais.
Quando il cerchio si chiude intorno a Nicola Floris (uno dei sequestratori) la battaglia si è già consumata.
È solo … circondato … senza via di fuga …. ignorando (così dicono) i richiami degli agenti, verrà ucciso, adesso la mattanza è conclusa.

Giornale-Turlon

I giornali scriveranno che non si è voluto arrendere ma in molti ad Orgosolo non credono a questa versione è ancora oggi si interrogano e cercano una risposta alla sua morte.
Il resoconto della battaglia sarà di 5 vittime (quattro latitanti ed un poliziotto uccisi), due carabinieri, due agenti di polizia ed un civile feriti.
Come siano andate effettivamente le cose, dopo la liberazione dell’ostaggio, forse, non si saprà mai!
Stanati e “braccati” è possibile che i latitanti non volessero arrendersi ? E che quella battaglia, dopo la liberazione di Tonino Caggiari, era veramente necessaria ?
Ciò che resta è il dolore della famiglia del sovrintendente Marongiu e delle famiglie di Orgosolo, a cui appartenevano i banditi, ma al dolore si aggiunge altro dolore quando, il giorno dopo la battaglia, i cadaveri dei banditi vennero portati all’obitorio di Nuoro accompagnati dal suono festante delle sirene e di clacson.
Qualcuno in modo insensato aveva pensato che quella di Osposidda era una vittoria da festeggiare come una battuta di caccia andata a buon fine, quest’ultimo episodio è ancora oggi una ferita aperta nella comunità barbaricina.
Un episodio che scatenò delle forti polemiche e che, credo, sia il perfetto riepilogo di una vicenda che al meglio rappresenta la ferocia umana.
Vi potrei allegare diverse testimonianze da chi ha vissuto con i propri occhi questa vicenda, ma vi saluto con un testo di un canzone scritta da un rappresentante della musica sarda, Piero Marras, che al meglio interpreta questa vicenda.

Osposidda (testo originale)

Osposidda (traduzione italiana)

Allumadas de fogu
chimbe carenas fritas:
tintu a ruju an su logu
in oras malaitas.
Ballas graes at rutu
in sas frunzas d’armidda.

Chie bos faghet lutu
mortos de Osposidda?
A sa tzega sas armas
fiores an brujadu:
sun negadas sas parmas
a su malefadadu.

S’istudat in su putu
un’urtima ischintidda:
chie bos fachet lutu
mortos de Osposidda?

Sonende bos passizan
finas in s’istradone:
omines assimizan
a peddes de sirbone.

Sa pietade at sutu
ranchida sa mamidda :
chie bos fachet lutu
mortos de Osposidda?

Ti essit dae su coro
su sambene caente :
mancu medaglia ’e oro
tana dadu, Pitzente.

Pianghene a sucutu
pitzinnos e pobidda:
chie bos faghet lutu
mortos de Osposidda?

Cantu tempus ancora
p’at a cherrer, o frade,
pro chi nd’essamus fora
de sa barbaridade
e no canten su mutu
sas feminas de idda ?

Chie bos fachet lutu
mortos de Osposidda ?

Balenii di fuoco.
Cinque corpi freddi han tinto
la terra di rosso
in ore maledette.

Pallottole pesanti
son cadute sui ramoscelli di timo.

Chi vi piangerà
morti di Osposidda?

Alla cieca le armi
han bruciato i fiori.
Si spegne nel pozzo
un’ultima scintilla.

chi vi piangerà
morti di Osposidda?

Al suono di clacson
vi esibiscono per la strada.
Assimilano uomini
a pelli di cinghiale.
La pietà ha succhiato un seno amaro.

Chi vi piangerà
morti di Osposidda?

Ti esce dal cuore il sangue caldo,
ma nemmeno la medaglia d’oro ti han dato, Vincenzo. Piangono singhiozzando
i bambini e la moglie.

Chi vi piangerà,
morti di Osposidda?

Quanto tempo ancora ci vorrà, fratello,
per uscire dalla barbarie
e perché le donne del paese
non cantino lamenti funebri?

Chi vi piangerà,
morti di Osposidda?

 

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.