Il problema “nucleare” sardo

Premessa

Lo scrivere determinati articoli permette anche a me di conoscere eventi e fatti di cui assolutamente ero all’oscuro o non sapevo abbastanza, mentre, per voi lettori, potrebbero essere cose che già conoscete. Sono dell’idea che è bello poter esprimere una propria opinione su temi importanti, che poi questa sia condivisile o meno è un altro discorso, però (secondo me) deve essere espressa sulla base di un qualcosa che si conosce e non solo per sentito dire.

In questo articolo ho voluto portarvi un tema diverso a cui, spero, mi possiate dare anche voi un opinione e magari (perchè no?) poterci confrontare.

Buona lettura!

Il Deposito Nazionale

E’ uno degli argomenti odierni più importanti che riguardano il panorama sardo ma, nonostante tutto, uno di quelli di cui difficilmente si sente discutere nelle televisioni. Trattare questo tipo di tematiche mi mette a disagio perchè sono sempre argomenti politico-sociali che molto spesso mettono in contrasto le persone.

Ogni volta che avvio le mie ricerche e mi documento per scrivere questo tipo di articoli rimango particolarmente colpito perchè trovo sempre informazioni e dati che mi lasciano senza parole.

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L’Italia, in passato, a causa di centrali nucleari che operavano nel territorio (ormai ferme da anni) ha accumulato un quantità elevata di scorie radioattive conservate da anni in luoghi provvisori.

Più passa il tempo e più si sta rivelando urgente trovare un modo per smaltire definitivamente queste scorie.

In base ai dati forniti dalla Società Gestione Impianti Nucleari (SOGIN) il Deposito Nazionale troverà collocamento a 90 mila metri cubi di rifiuti di cui:

75 mila metri cubi sono scorie a bassa e media radioattività mentre

i restanti 15 mila metri cubi sono ad alta radioattività.

Il lato positivo, se così può essere definito, è che questi 15 mila metri cubi saranno stoccati temporaneamente e non definitivamente mentre per quanto riguarda la scelta di raccogliere le scorie in una struttura è stata d’obbligo in seguito al rispetto delle normative europee (oltre ai motivi di sicurezza civile ed ambientale).

Come accennato in precedenza queste scorie provengono da impianti nucleari nazionali non più attivi da anni e, personalmente, pensando alla domanda “queste scorie da dove saltano fuori?”, pensiero fatto sia per ignoranza che per disinformazione, non avevo una risposta.

Il 60% di questi 90 mila metri cubi provengono da quattro impianti nucleari:

  1. la centrale di Latina, nel Lazio, ferma dal 1986;

  2. la centrale di Trino Varcellese, in Piemonte, spenta nel 1987;

  3. la centrale di Caorso, in Emilia Romagna, chiusa nel 1987;

  4. la centrale del Garigliano, in Campania, fermata prima nel 1978 per motivi tecnico-amministrativi e poi definitivamente nel 1982.

Per quanto riguarda, invece, le restanti scorie sono derivate dalle applicazioni di medicina nucleare, industriale e dalle attività di ricerca (in Italia sono presenti anche tre siti di stoccaggio ubicati in Piemonte, nel Lazio e in Basilicata).

Il fatto è … perchè i sardi hanno fatto manifestazioni, hanno votato per dire “NO al nucleare in Sardegna”  e sono preoccupati ed indignati per questa vicenda ?

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Il motivo è semplice, le scorie dovrebbero (verranno?) essere portate in Sardegna e, nonostante in principio fosse stata esclusa dalla lista delle aree idonee sia per motivi logistici che a causa dei costi di trasporto su mare, nell’ultimo periodo si fanno sempre più forti (e certe) le voci che la vedono la regione più idonea per depositare le scorie.

Perchè di punto in bianco la Sardegna è diventata l’area più adeguata per il deposito delle scorie?

Nel 2014 l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca dell’Ambiente) ha pubblicato la “Guida tecnica”  in cui spiegava i 15 criteri di esclusione per definire l’area adatta a ospitare l’impianto: ad esempio sono da escludere aree sismiche o vulcaniche, ubicate ad un altitudine maggiore di 700 m s.l.m. o, ancora, devono stare ad una certa distanza dai centri abitati ma, accostati a questi 15 criteri, ce ne stanno altri 13 di “Approfondimento” tra cui le condizioni meteo-climatiche o la presenza di produzioni agricole di particolare qualità.

La Sardegna o, più precisamente, il suo entroterra è in linea con questi requisiti “al negativo” anche se ancora non è ben chiara la situazione delle aree perchè solo questa estate (a causa anche di escamotage politici) è stata consegnata la mappa, per l’individuazione delle aree idonee, aggiornata.

Le previsioni dicono che il deposito difficilmente sarà pronto prima del 2022, i costi lieviteranno tra l’1,2 e i 2,5 miliardi di euro e servirà, per mettere in sicurezza per i prossimi 200-300 anni, i rifiuti radioattivi prodotti in Italia.

Come spesso accade non tutti i progetti vengono portati avanti in maniera trasparente ma, molte volte, sono avvolti dalla segretezza e si punta più a disinformare perchè “l’ignoranza è forza”, specie per chi al cittadino comune, deve rispondere in funzione del posto che occupa e rappresenta.

Già nel 2011, partecipando al referendum, il 97% dei sardi hanno manifestato un ampio dissenso contro il nucleare e tutt’oggi sono rimasti (per la maggior parte) della stessa idea.

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Questo, però, non deve essere visto come un espressione dell’ideologia NIMBY (acronimo inglese per Not In My Back Yard, “non nel mio cortile”) perchè la Sardegna molto spesso viene ricordata solo come un posto da utilizzare per quei “carichi” che a molti risultano scomodi come ad esempio, non dimentichiamoci che la Sardegna è una terra gravata (più di altre) dalla presenza di poligoni e delle servitù militari.

Sicuramente il pensiero (per me) semplicistico di tanti potrà essere indirizzato verso un no, io cose del genere in casa mia non la voglio”  o, ancora, potrebbe essere del tipo meglio sotto casa vostra che da noi”, ma la mia speranza è che molti invece siano contrari semplicemente perchè vorrebbero vedere la Sardegna indirizzata verso una strada diversa.

energia e futuro

Io, ad esempio, sono dell’idea che questa meravigliosa isola debba puntare sulla valorizzazione del territorio, del turismo e continuare ad investire sulle energie rinnovabili e sulla green economy, tutte situazioni che possano permettere di creare opportunità lavorative “sane”, che valorizzino e consentano un valido sviluppo al territorio, appunto, e all’ambiente, ma soprattutto che non danneggino o rechino ulteriori sacrifici ad un’Isola che, quando doveva esserci, c’è sempre stata, e che nonostante tutto non è stata quasi mai ripagata o riconosciuta nel suo impegno così come le sarebbe dovuto. Le domande sarebbero veramente molte a partire dal monte del problema, cioè : “perchè chi presenta un progetto per una centrale nucleare non deve anche presentarne uno che segue attentamente le norme sullo smaltimento dei rifiuti che produce?”, ma non voglio dilungarmi con altri quesiti, spero solo che i nostri politici e la nostra gente prenda reale coscienza del problema e si attivino nel giusto modo affinchè venga trovata una soluzione adeguata e, se poi l’aiuto alla sensibilizzazione arriva anche da chi ha a cuore l’argomento e la Sardegna, poco importa che sia del posto se ama questa Terra.

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