La processione dei morti a Ploaghe


La storia che andrò a raccontarvi si colloca storicamente nel finire degli anni ’70 e riguarda una signora che, all’epoca dei fatti, aveva circa 30 anni.

Un tempo lontano, con l’avvicinarsi della notte tra l’1 ed il 2 novembre, forse per rispetto o per paura, era tradizione andare a dormire presto. Era infatti diffusa fra la gente la credenza che in quella notte il mondo dei vivi e quello dei morti si sfioravano, entrando in contatto, dando “vita” alla “processione delle anime morte”.

Il paese veniva avvolto da un religioso silenzio, intriso di un’atmosfera particolarmente carica di suspense. Le vie vuote, i bar chiusi, e tutte le mamme e le nonne si apprestavano ad apparecchiare la tavola perché era convinzione che i cari defunti venissero a far visita ai loro familiari.

La signora, che vi ho annunciato, si chiamava Antonia. Impaurita dalle storie che per anni le vennero raccontate, ella si apprestava a mettere a dormire la figlioletta nella culla, per mettersi subito a letto. Di fronte alla sua camera era presente Angelica, sua cognata che, come Antonia, si affrettava a mettersi sotto le lenzuola.

L’orologio stava per scoccare la mezzanotte.
Lungo il corso, la via principale del paese, tutto taceva.
Tic, tac, tic, tac, tic, tac.
Le lancette continuarono a scorrere finché non scoccarono le dodici.
Da li a poco quel silenzio, che regnava sovrano nelle vie del paese, andò a dissolversi ed il sonno di coloro che dormivano veniva inesorabilmente infranto da diversi passi, un rumore di tacchi, che molti giurano di aver sentito provenire dalla strada. Forse si trattava solo di immaginazione e suggestione causate dai tanti racconti uditi durante gli anni, ma in ogni caso i cittadini avevano maturato la convinzione che in quella notte i defunti tornassero tra i vivi, rendendosi addirittura visibili.

La “processione delle anime morte” prendeva “vita”.

Intrisa di arcano, la processione percorreva le strade del paese.
Dalla chiesa di Cristo Re sarebbe arrivata in piazza San Pietro per la messa, per poi svoltare in via Pietro Salis, attraversare il Convento e ritornare al cimitero prima dell’alba.
Le anime avanzano lente, in processione, facendosi luce con dei cerini, dalla fiamma piccola ed immobile.

Antonia udì dei lenti passi provenire da fuori di casa sua. Il corteo funebre si era, infatti fermato proprio davanti alla sua dimora. Avvertì lo spiffero del vento, un’aria fredda che veniva dalla strada, come se qualcuno avesse aperto il portone.
Ancora altri passi, ma questa volta dentro provenivano dal corridoio di casa.
La stanza da letto nella quale dormiva stava sulla destra.
Ritornò nella mente di Antonia il rumore di un paio di stivali, quel trambusto tipico che sentiva da piccola nella sua casa, quando suo padre faceva rientro dal lavoro.

I passi cessarono nuovamente, proprio davanti alla sua porta.
Il silenzio fu interrotto dall’urlo di Antonia, che esclamò: – Non farti vedere! – Tutto tacque.
La mattina seguente, incontrò la cognata, come di consueto, per la colazione.
Mentre Antonia, taciturna e incredula, preparava il caffè, Angelica la guardò.
Bastò il solo sguardo tra cognate che tutto divenne chiaro.
Ho sentito tutto – confermò poi Angelica – I passi… il corteo…
Senza replicare, Antonia ebbe la conferma che ciò che aveva udito era tutto vero.

La prima cosa che fece, una volta uscita di casa, fu andare a chiedere una messa per l’anima del defunto padre.
Una volta arrivata in chiesa, si accorse che varie altre persone, con premura, si erano recate in sagrestia.
Fuori dalla chiesa era presente un signore che raccontava una storia, un po’ insolita, capitatagli in quella notte. Nel mentre aspettava il parroco, Antonia si mise ad ascoltarla.

Il signore in questione era un pastore che abitualmente la mattina andava sempre in chiesa, prima di recarsi in campagna. Essendo la sua ormai una routine, fatta di gesti automatici, sentito il suono delle campane delle cinque del mattino si era recato a messa.  Faricco, questa era il suo nome, non aveva guardato nemmeno l’ora.
In realtà, le lancette avevano raggiunto solo le due.
Il suono delle campane non era per i vivi, ma richiamava in chiesa le anime; infatti il corteo aveva raggiunto la piazza, e già aveva preso posto tra i banchi. 
Giunto alla chiesa, come sempre si soffermò poco dopo l’ingresso. Appoggiatosi al muro, pregò con il sacerdote e con tutti i partecipanti alla funzione. Notò che il parroco dava le spalle ai fedeli, ma non diede tanto peso alla cosa. Terminata la funzione, lasciò la Chiesa per primo. Rimessosi gli abiti da lavoro, si incamminò in direzione della campagna. 
Verso l’ora di rientro, alla sera, aveva trovato il suo compare Luigi, il quale gli aveva chiesto: – Compà, ma come mai non vi ho visto in chiesa, oggi? – Come no? – aveva risposto Faricco – Ero sempre al solito posto. Voi non c’eravate! – Ma Luigi, forte della stessa versione dei fatti data da altri pastori, aveva ribadito: – Ma sei noi tutti eravamo presenti e voi, caro Compare, non vi ha visto nessuno!– Infine esclamò: – O mi state prendendo in giro, o siete matto! – Faricco, preferendo tacere piuttosto che passare per matto, non aveva replicato.
Solo in quel momento si era accorto che quella a cui aveva partecipato era la messa dei defunti!

Della processione dei morti, nel corso degli anni si erano raccontati diversi aneddoti finali come, ad esempio, che chi avesse incontrato le anime penitenti si sarebbe ricordato per sempre di quel momento perché avrebbe riportato nel corpo i “pizzichi dei morti“.
Ma l’aneddoto più lugubre consisteva nel fatto che vedere le anime penitenti era un presagio di sventura.  
Da quel giorno in poi, infatti, la quotidianità di Faricco non fu più la stessa. Prima ebbe un brutto tracollo economico dovuto ad una malattia che decimò il suo bestiame, in seguito il rifugio che usava in campagna fu investito da un incendio nato per sventura nelle vicinanze della sua campagna. Dopo anni bui, proprio quando le cose sembravano tornare ad essere floride come una volta Faricco venne colpito da una malattia che lo costrinse ad abbandonare la vita nelle campagne.
In seguito a questo triste finale è normale pensare che sia Antonia che gli altri presenti rimasero molto impressionati dal racconto di Faricco ma, ancor più sollevati del fatto che in quell’agghiacciante notte riuscirono a scampare ad un macabro destino. Forse il finale più reale e veritiero è quello che ricorda che a queste dicerie non bisognerebbe dare molto ascolto e peso ed in effetti io faccio così, però… alla fine… preferisco non dare troppo fastidio alle anime ed ai morti.

 

FONTI: 

La leggenda è tratta da “Contus Antigus – Leggende e Tradizioni di Sardegna“, di Pasquale Demurtas


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