Case rurali

Premessa

Il mini racconto e i dati che leggerete sono tratti dal libro “Monti e la sua cantina” scritto da Giuseppe Mattioli. Ho avuto il piacere di poterlo leggere e studiare, trovando l’opportunità di poter approfondire e conoscere nuovi argomenti. L’idea iniziale era di scrivere esclusivamente un articolo sulla “Cantina sociale del Vermentino di Monti” ma, man mano che mi immergevo nelle lettura, ho trovato diverse tematiche interessanti su cui poter costruire dei mini articoli.

Una di queste tematiche è la “Casa rurale”.

Siamo intorno agli anni ’50 ed il paese sta attraversando un periodo di crisi. L’attività economica predominate è quella della viticoltura ed è proprio partendo da questa che il paese riprenderà (molto lentamente ed incontrando diverse difficoltà) a camminare sui suoi passi trovando nuova linfa e conseguente sviluppo. Non voglio correre troppo velocemente, e cercherò pian piano di descrivere questo intenso e lungo periodo storico del mio paese natio.

Ho voluto fare questo piccolo articolo sulla casa rurale perchè credo che la Sardegna abbia tante piccole particolarità molto interessanti che pochissimi raccontano. Avendo avuto l’opportunità di avere il materiale necessario per poterne parlare ho colto al volo l’occasione.

Buona lettura !

La casa rurale

Erano gli anni ‘ 50 e in Sardegna si stava attraversando un profonda crisi economica, ed anche Monti non faceva eccezione. Nell’Isola le attività economiche di principale rilievo erano quelle legate all’agricoltura e alla pastorizia, ma in alcune parti si sviluppò, con una certa importanza la viticoltura, Monti era fin da allora uno di quei siti. Un elemento essenziale che era spesso presente vicino ai vigneti era la casetta (casa rurale), una piccola costruzione a scopo puramente agricolo.

La tipologia della cosiddetta “architettura minore” in Sardegna variava da zona in zona,

mappa casa rurale

la loro costruzione era condizionata da dei fattori:

  1. modo di vivere;

  2. ceto sociale;

  3. costo e disponibilità dei materiali.

Esse venivano costruite in piccoli pezzi di terreno che generalmente non superavano il mezzo ettaro e, per ridurre al minimo i prezzi di costruzione, il materiale veniva procurato in loco o comunque nelle zone limitrofe (in qualche caso era così importante non sforare il budget, che la costruzione di una casa rurale durava anche alcuni anni).

casa rurale

Erano generalmente costituite da una stanza con un tetto composto da listelli di legno e tegole mentre, i più benestanti, si potevano permettere di costruirlo con canne, calce e tegole (era un tipo di sistema definito termico). Come detto precedentemente l’uso di queste casette era per scopi agricoli, ed al loro interno si trovavano gli attrezzi necessari sia alla lavorazione del vigneto che a quella del prodotto fino al risultato finale: il vino. L’uva veniva pigiata all’interno de “Su Laccu “ (la vasca) , collegata ad esso una vaschetta di recupero o raccolta chiamata “Su Scugnittu”. Altri attrezzi del mestiere erano;

  1. Sa Suppressa”, torchio che sino all’inizio della prima guerra mondiale era tutto di legno (compresa la vite di compressione). La potenza era bassa ed occorreva un grande sforzo per farlo funzionare, a causa di questo molto vino rimaneva nella vinacce;

  2. Sa Macchina ‘e Sulfatare”, era una pompa a spalla utilizzata per trattamenti antiparassitari liquidi;

  3. S’aradu” (l’aratro), prima interamente in legno e poi in ferro;

  4. Su zappu” (la zappa);

  5. Sa foltighe” (le forbici);

  6. Sa pudaiola”, una piccola roncola sostituita in seguito dalle forbici.

In base alle disponibilità economiche, la casetta, nonostante i modesti spazi, poteva anche fungere da abitazione. In alcune di esse si poteva trovare:

  1. Sa giminea” (il caminetto) con “sa tribide” (trepiedi), “sa palitta” (paletta), “su puttighe” (pinze) e “su sulafogu” (il soffietto);

  2. Sa Banca” (il tavolo);

  3. Sas banchittas”(degli sgabelli);

  4. Sas cadreas” (vecchie sedie);

  5. utensili vari e vettovaglie.

Inoltre ci stava “Su lettu” (il letto), con un materasso imbottito con paglia. Per essere approvvigionati di acqua le casette venivano costruite non lontano da una sorgente, oppure veniva realizzato un pozzo vicino ad esse. All’interno della casetta l’acqua si attingeva da “Su Cadinu”, una specie di tinozza in legno di sughero, dal lungo e sottile manico di legno.

In quegli anni non si disponeva delle classiche borracce che utilizziamo per portare l’acqua ma, quando ci si avventurava in aperta campagna, si portava “Sa zucca”, per il vino, e “Su barilotto” per l’acqua (era un recipiente in sughero, perfettamente termico, con un beccuccio a canna da cui usciva l’acqua, chiuso con un tappo di sughero). Quando si arrivava in prossimità di una sorgente, si beveva da un recipiente in sughero, usato come bicchiere, chiamato “Jonedda”.

Purtroppo non tutte le famiglie si potevano permettere la casetta ed erano costrette ad utilizzare arcaici capanni e “Su laccu” (un abbeveratoio scavato nella pietra).

su laccu

Conclusione

Questa è una piccola analisi della “casa rurale” legata alle attività significative della storia del popolo sardo, in questo caso alla viticoltura, in cui si dimostra come, nonostante la mancanza di soldi e la scarsità di materiale, i sardi riuscissero ad adattarsi e ad andare avanti.

In questo caso ho parlato di come gli antichi che abitavano Monti riuscissero a creare delle abitazioni le cui forme non nascono da dettami estetici, bensì dalla necessità e dalla funzione, adatte a resistere al sole, al vento e al freddo. Luoghi dell’abitare che lo spazio temporale e la società non sono riusciti a preservare del tutto ma di cui, secondo me, bisognerebbe riappropriarsi, luoghi che ancora oggi rappresentano un patrimonio della collettività e dell’identità di un popolo.

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