L’inno sardo

Durante la storia sarda è stato composto un “canto di protesta sarda” e “l’inno ufficiale sardo”.

Partiamo per ordine cronologico.

  1. Il primo fu scritto alla fine del 1700 da Francesco Ignazio Mannu (nato ad Ozieri il 18 maggio 1758 e morto a Cagliari nel 1839) e può essere considerato fra i canti più antichi d’Europa. Il 28 aprile del 1794 iniziò, in Sardegna, una rivolta guidata da Giovanni Maria Angioj e gli eventi drammatici che susseguirono la rivolta, portarono a scrivere questo canto di protesta. L’opera è composta da 47 ottave logudoresi e 375 versi in cui veniva raccontata la forte volontà del popolo sardo a sottrarsi dalla tirannia dei Piemontesi. L’inno era nominato “Su patriotu sardu a sos feudatàrios” ma era conosciuto come “Procurade ‘e moderare”, esso venne pubblicato per la prima volta in Corsica nel 1794. A causa del forte tema di cui trattava (riguardante la voglia del popolo sardo di ribellarsi dalle austerità del tiranno) venne definito, da alcuni, come “La Marsigliese Sarda”. Può essere considerato un esempio di letteratura isola e si può riscontrare un forte legame con lo spirito dell’indipendenza delle colonie d’America, con la Rivoluzione Francese e con i Diritti dell’Uomo e del Cittadino. Il canto è il seguente (con relativa traduzione):

    Procurade de moderare

    Fate in modo di moderare

    Procurad’e moderare
    Barones, sa tirannia
    Chi si no, pro vida mia,
    Torrades a pés in terra
    Decrarada est giaj sa gherra
    Contra de sa prepotentzia
    Incomintzat sa passentzia
    In su pobulu a mancare

    Mirade ch’est pesende
    Contra de bois su fogu
    Mirade chi no est giogu
    Chi sa cosa andat ‘e veras
    Mirade chi sas aeras
    Minetan su temporale
    Zente cunsizzada male
    Iscurtade sa ‘oghe mia

    No apprettedas s’isprone
    A su poveru ronzinu,
    Si no in mesu caminu
    S’arrempellat appuradu;
    Mizzi ch’es tantu cansadu
    E non ‘nde podet piusu;
    Finalmente a fundu in susu
    S’imbastu ‘nd ‘hat a bettare.

    Su pobulu chi in profundu
    Letargu fit sepultadu
    Finalmente despertadu
    S’abbizzat ch ‘est in cadena,
    Ch’istat suffrende sa pena
    De s’indolenzia antiga:
    Feudu, legge inimiga
    A bona filosofia!

    Custa, populos, est s’ora
    D’estirpare sos abusos
    A terra sos malos usos
    A terra su dispotismu
    Gherra, gherra a s’egoismu
    E gherra a sos oppressores
    Custos tirannos minores
    Est pretzisu umiliare

    Baroni (proprietari terrieri),
    cercate di moderare la vostra tirannia,
    Altrimenti, a costo della mia vita,
    tornerete nella polvere (per terra),
    La guerra contro la prepotenza
    è stata già dichiarata
    e nel popolo la pazienza
    inizia a mancare

    State attenti perché contro di voi
    si sta levando il fuoco,
    Attenti perché non è un gioco,
    se questo inizia per davvero
    Guardate che le nubi
    preannunciano il temporale
    Gente consigliata male
    ascoltate la mia voce

    Non continuate ad usare lo sprone
    sul povero ronzino,
    o in mezzo al cammino
    si ribellerà imbizzarrito;
    è così stanco e malandato
    da non poterne più,
    e finalmente dovrà rovesciare
    il basto e il cavaliere.

    Il popolo sardo
    che era caduto in un profondo letargo
    Finalmente anche se disperato
    si accorge di essere schiavo
    Sente che sta soffrendo
    solo a causa dell’antica indolenza
    Feudo, legge nemica
    di ogni buona filosofia!

    Questa, o popolo sardo,
    è l’ora di eliminare gli abusi
    Abbasso le abitudini nefaste,
    contro ogni dispotismo
    Guerra, guerra all’egoismo
    e guerra agli oppressori
    È importante che questi piccoli tiranni
    vengano vinti.

    Canto Sardo

  2. Il secondo fu scritto nel 1843, la musica venne curata dal Maestro Giovanni Gonella mentre il testo venne scritto da Vittorio Angius. A differenza del precedente canto questo venne idealizzato e realizzato come l’inno che rappresentava la Sardegna. Le prime interpretazioni furono interpretate al teatro civico di Cagliari (il 20 febbraio del 1844) ed ai giardini reali di Torino davanti al re ad alla regina.
    Lo spartito originale venne ritrovato a Cagliari dal professore Francesco Cesare Casula e l’ultima interpretazione ufficiale dell’inno si ebbe nel 1937, dal coro della Cappella Sistina diretto da Lorenzo Perosi. Quest’ultima esecuzione dell’inno fu desiderata dal re Vittorio Emanuele III di Savoia
    durante la cerimonia per il conferimento della Rosa d’Oro alla regina Elena da parte di papa Pio XI.

    Cunservet Deus su Re

    Iddio conservi il Re

    Salvet su Regnu Sardu
    Et gloria a s’istendardu
    Cuncedat de su Re!

    chi manchet in nois s’animu
    chi languat su valore
    Pro fortza o pro terrore
    Non apas suspetu, o Re.

    Cunservet Deus su Re…

    Unu o omni chentu intrepidos
    A ferru et a mitralia
    In vallu e in muralia
    amus andare o Re.

    Cunservet Deus su Re…

    Solu in sa morte cedere
    Soliat su Sardo antigu
    Né vivu a’ s’inimigu
    deo m’apa a dare, o Re.

    Cunservet Deus su Re…

    De fidos et fort’omines
    Si fizos nos bantamus
    Bene nos provaramus
    Fizos issoro, o Re.

    Cunservet Deus su Re…

    De ti mostrare cupidu
    Sa fide sua, s’amore
    Sas venas in ardore
    Sentit su Sardu, o Re.

    Cunservet Deus su Re…

    Indica un adversariu
    E horrenda da su coro
    Scoppiat s’ira insoro
    A unu tou cinnu, o Re.

    Cunservet Deus su Re…

    Cumanda su chi piagati
    Si bene troppu duru,
    E nde sias tue seguru
    chi at a esser fatu, o Re.

    Cunservet Deus su Re…

    Sa forza qui mirabile
    Là fuit a’ su Romanu
    E innanti a s’Africanu
    Tue bideras, o Re.

    Conservet Deus su Re…

    Sa forza qui tant’atteros
    Podesit superare
    Facherat operare
    Uno tuo cinnu, o Re.

    Cunservet Deus su Re…

    Sos fidos fortes homines
    Abbaida tue contentu
    chi an a esse in onzi eventu
    cales jà fuint, o Re.

    Conservet Deus su Re
    Salvet su Regnu Sardu
    Et gloria a s’istendardu
    Concedat de su Re!

    Salvi il Regno Sardo
    E gloria alla bandiera
    Conceda del suo Re!

    Che in noi languisca l’animo
    E infermesi il valore,
    Per forza e per terrore
    Non mai temere o Re.

    Iddio conservi il Re…

    Uno contro cento intrepidi
    A spalle e a mitraglie,
    Su valli e su muraglie
    Noi correremo, o Re.

    Iddio conservi il Re…

    Solo in sua morte cedere
    Soleva il Sardo antico,
    Né vivi all’inimico
    Noi cederemo, o Re.

    Iddio conservi il Re…

    Da fidi valent’uomini
    Se nati ci vantiamo,
    Ben proverem che siamo
    Noi loro figli, o Re.

    Iddio conservi il Re…

    Di mostrarti cupidi
    La fede e il loro amore,
    Le vene in grande ardore
    Sentono i Sardi, o Re.

    Iddio conservi il Re…

    Indica un avversario,
    E orrendo dal lor cuore
    Tonar s’udrà il furore
    Ad un tuo cenno, o Re.

    Iddio conservi il Re…

    Comanda ciò che piacciati
    Foss’anche troppo duro,
    Ad esser sicuro
    Che sarà fatto, o Re.

    Iddio conservi il Re…

    La forza che mirabile
    Sentirono i Romani,
    E prima gli africani
    Potrai vedere, o Re.

    Iddio conservi il Re…

    La forza che altri barbari
    Poteva già domare
    Saprà far operare
    Solo un tuo cenno, o Re.

    Iddio conservi il Re…

    I fidi e valent’uomini
    O vedi tu contento
    Che a te in qualunque evento
    Quali fu, saranno, o Re

    Iddio conservi il Re
    Salvi il Regno Sardo
    E gloria allo stendardo
    Conceda del suo Re!

    Inno Sardo

     

Fonti: Fonte Sarda 

Articolo della Nuova Sardegna 

Wikipedia 

Link utili: Spartito (scaricabile) inno sardo 

Inno ascoltabile da youtube  

 

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