Il sequestro di Fabrizio De André

 

Premessa

Nonostante sia uno tra i sequestri più famosi dell’anonima sarda, trovare le fonti necessarie (ed affidabili) per poterne parlare non è stato facile. “Voci di popolo” mi hanno raccontato ogni tipo di storia ma, ahimè, non avendo ufficialità di quelle parole non ho potuto riportale nell’articolo.

Poter parlare dell’anonima sarda è sempre suggestivo: buona lettura!

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L’Anonima Sequestri e il rapimento di Fabrizio De André e Dori Ghezzi

Correva l’anno 1979 e la Sardegna attraversava uno dei periodi più bui del banditismo sardo in cui il sequestro di persone aveva raggiunto un livello altissimo nell’arco di un mese e mezzo e c’è chi, addirittura, pensa che un livello del genere non si era raggiunto nemmeno quando in Sardegna operava Graziano Mesina con la sua banda.

Era una giornata calda d’agosto come tante altre e Vittoria Manca, la domestica di casa De André, si stava preparando per recarsi alla fattoria del cantautore per il solito turno di pulizie quotidiano.

Era la mattina del 28 agosto e appena arrivata alla tenuta del cantautore Vittoria si accorse subito che era accaduto qualcosa di strano: la porta era spalancata, nessuno rispondeva alle sue parole e la casa era sotto sopra.

Cosa mai sarà successo nella notte passata ?

La donna, capendo che fosse accaduto qualcosa di grave, si precipita verso il telefono con l’intenzione di chiamare i carabinieri di Tempio Pausania ma fu tutto vano perché il telefono era stato staccato (durante i rilevamenti i carabinieri scopriranno che il cavo della linea era stato tagliato, probabilmente, con una tronchesina).

La Manca decide allora di ritornare in paese per denunciare la scomparsa di Fabrizio De André e di Dori Ghezzi.

Recatesi a “L’Agnata” (che significa “L’Angolo”, è il nome con cui viene chiamato il luogo in cui stava la tenuta del cantautore) i carabinieri capirono quasi immediatamente che si trattava di sequestro ed infatti, al termine delle investigazioni in cui non si riuscì a trovare neanche la vettura del cantautore (una Dyane 6), scattarono immediatamente le procedure per il piano antisequestro. Fortuna vuole che la figlia dei rapiti, Luisa Vittoria, era dalla sorella di Ghezzi, Fiorella, a Porto Torres perché, probabilmente, sarebbe stata rapita anche lei.

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Non sono mai state chiare le dinamiche del rapimento e ben poco si sa di esso.

De André racconterà che:

“I primi giorni non ci facevano togliere la maschera neppure per mangiare, e così ci tagliavano il cibo a pezzettini e ci imboccavano. È stata un’esperienza tremenda che tuttavia ha lasciato anche segni positivi, come la riscoperta di certi affetti nascosti. Nei confronti di mio fratello Mauro, ad esempio. È stato lui a trattare coi rapitori e non dimenticherò mai il nostro abbraccio appena tornati a casa. Il primo mese di sequestro ci hanno fatto compagnia le emozioni, poi è prevalsa la monotonia”

Uno dei dettagli più strani, secondo me, delle dichiarazioni del cantautore furono:

I rapitori erano gentilissimi, quasi materni. Sia io sia Dori avevamo un angelo custode a testa che ci curava, ci raccontava le barzellette. Ricordo che uno di loro una sera aveva bevuto un po’ di grappa di troppo e si lasciò andare fino a dirci che non godeva certo della nostra situazione. Anzi, arrivò a sostenere che gli dispiaceva soprattutto per Dori”.

Non so voi ma mi sarei aspettato ben altre dichiarazioni in merito ai sequestratori, visto che il sequestro durò per 4 mesi in cui vissero delle esperienze traumatiche, incatenati ad un albero , nascosti sotto teli di plastica.

Dori Ghezzi racconterà che:

Si cercava di far passare il tempo, ci inventavamo dei giochi stupidi pur di distrarci. Visto che procuravano le sigarette e i cerini per Fabrizio, lui era riuscito a creare delle carte da gioco. Abbiamo avuto paura, ma ci siamo preoccupati anche molto per gli altri che non sapevano se eravamo ancora vivi. Con dei cappucci in testa è difficile comunicare, dialogare, ce li toglievano solo per alcune ore. Fermo restando che ci avevano privato della nostra libertà, i nostri carcerieri si sono comportati in modo tutto sommato umano.”

Nonostante la triste vicenda, questa non cancellò il loro amore per la Sardegna ma anzi il cantautore spiegò i suoi pensieri dicendo:

“Quelli del Gallurese, dove stiamo noi sono molto più continentalizzati del resto dei sardi. Quelli che ci hanno rapito invece venivano dal centro della Sardegna, da quell’isola che si chiama Barbagia dove si continua a credere che il privilegio sia togliere qualcosa agli altri, per esempio la libertà. Dove si tramanda di padre in figlio un’abitudine vecchia di duemila anni, come quella di sequestrare animali o persone. E dove non cambierà niente fino a che non ci faranno un’autostrada che li collegherà col resto del mondo”.

Si pensa che dietro a questo rapimento ci siano molte più persone di quanto si pensi perché per poterlo trasportare da un posto all’altro e poterlo tenere nascosto per così tanto tempo, era impossibile che fosse un piccolo gruppo bensì che ci fossero più persone di altri paesi.
Tante, troppe sono le voci che gireranno intorno a questo rapimento come, ad esempio, che tutto questo fosse opera dello stesso De André il cui scopo era di poterne ricavare dei profitti.
La fine di questo breve ma intenso capitolo si ebbe a dicembre quando la sera del 21 venne liberata Dori, dietro il versamento del riscatto di circa 550 milioni di lire (pagato in buona parte da Giuseppe, padre di De André) mentre in quella successiva venne rilasciato Fabrizio.
Però, a proposito del rilascio di Fabrizio, c’è una storia particolare che vi voglio raccontare, perché, nonostante preferisca non fare nomi di persone coinvolte (che conosco bene), sono certo che non si tratta di “voci” ma di fatti che risultano anche negli atti processuali, comunque ecco ciò che accadde:

dopo la liberazione di Dori, la paura che ci sarebbe stata un’ennesima richiesta di riscatto per la liberazione di Fabrizio era forte, ma quasi inverosimilmente fu una cagnetta a determinarne la liberazione stessa.
Quella mattina era giornata di caccia in quei luoghi e la cagnetta, appena nominata, alla ricerca di selvaggina fu attratta da odori e voci e quindi iniziò ad abbaiare forte attirando così l’attenzione dei cacciatori ed in particolare del padrone. Ai richiami di questi ultimi la guardia o le guardie di Fabrizio fuggirono per paura di essere colti in fragante, abbandonando così il sequestrato che con sorpresa fu poi liberato e condotto alla caserma più vicina.

In seguito alla sua liberazione De Andrè rilasciò un racconto pacato dell’esperienza:

…ci consentivano, a volte, di rimanere a lungo slegati e senza bende…”

ed ebbe parole di pietà per i sui carcerieri:

Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai.”

Queste parole di pietà si dilungarono anche al processo in cui De André confermò il perdono per i suoi carcerieri, ma non per i mandanti perché erano persone economicamente agiate. Il cantautore e suo padre non costituirono nemmeno parte civile contro gli autori materiali del sequestro, ma solo, in primo grado, contro i soli capi della banda.

Nel 1991 De André fu anche tra i firmatari della domanda di grazia rivolta al Presidente delle Repubblica, nei confronti di uno dei sequestratori, un pastore sardo condannato a 25 anni di prigione.

Volutamente non ho trattato questo argomento in modo “scontato” perché quasi sempre negli articoli che ne parlano, i riferimenti e le storie raccontate sono praticamente le stesse, quasi sempre si parla delle canzoni “Hotel Supramonte” e “Franziska” che fanno riferimenti all’accaduto, e quello che viene narrato fa fede alle stesse notizie che venivano pubblicate in quell’epoca.
Io spero di essere riuscito a far capire meglio gli stati d’animo e ad aggiungere qualche motivo d’interesse in più per chi si vorrà accingere a leggere l’articolo stesso.

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