La leggenda delle fatine sarde: le Janas

La Sardegna è la terra delle meraviglie ricca di siti archeologici, percorsi escursionistici, mari paradisiaci, il porcetto, una storia dalle radici molto profonde ma, anche, dalle leggende molto particolari. All’interno del blog avevo già parlato di alcune leggende ma, probabilmente ho trascurato quella più “famosa” e cioè quella inerente alle Janas.

Tanto tempo fa in Sardegna poteva capitare, durante la notte, quando si rientrava dal lavoro o da una semplice bevuta o, ancora, da un appuntamento galante di poter sentire dei richiami provenire dalle folte foreste nelle colline verdeggianti.

Quelle voci avevano un forte potere persuasivo e la vittima che, incuriosita, si inoltrava nelle foresta nel tentativo di capire da dove provenissero, spesso non faceva più ritorno. Le leggende raccontano che in quelle colline vivevano le Janas o Gianas (il modo di chiamarle cambiava dalla zona) che, generalmente, avevano la forma di piccole donne magiche abitanti nelle tombe prenuragiche scavate nelle rocce, dette appunto “domus de janas” o “ domos de gianas”. Le loro case erano incavate nella roccia perché le loro forti e lunghe unghie le permettevano di scavare in essa.

Le Janas erano molto belle e usavano vestirsi in maniera elegante, per lo più rosso e indossavano sempre un fazzoletto a fiori, che portavano alla Santa Zita, nonché preziose collane d’oro.

Esse apparivano durante la notte chiamando per tre volte la persona che avevano scelto con l’intento di portarla a vedere i loro inestimabili tesori. Se la persona si dimostrava onesta e non tentava di rubare, sarebbe stata ricompensata per sempre, altrimenti tutto quello che avrebbe toccato si sarebbe trasformato in carbone e cenere.

Chi le ha viste da vicino giura che la loro pelle sia delicatissima motivo per cui non escono mai di giorno perché, il sole, per quanto pallido, le scotterebbe facendole morire.

Le loro piccole dimore, nascoste nelle verdi colline, gli permettevano di trascorrere la giornata a filare il lino, a tessere, ovviamente su telai d’oro, e a cucire stoffe preziose che trapuntano con fili d’oro e d’argento.

Quando il sole calava, lasciando spazio alla lucente luna che illuminava la notte, le Janas scendevano dalle montagne a chiedere lievito per fare il pane perché, si diceva, che il lievito che vedeva la luna, e quello delle Janas lo vedeva, non facesse lievitare il pane.

Stendevano i panni sui prati ad asciugare e una volta finite le varie mansioni si dirigevano verso la chiesa a pregare.

Nonostante tutto, queste belle parole potrebbero trarvi in ingannando, non dimenticatevi che all’inizio ho detto che chi entrava nella foresta a cercare quelle voci non faceva più ritorno. Infatti altre leggende raccontano che delle volte le Janas non avevano sembianze di fata bensì di streghe, maghe o vampiri.

La verità è che loro assumevano una forma in base al nostro comportamento, se la vittima tentava di ingannarle assumevano l’aspetto di una strega e, viceversa, assumevano la forma di una fata.

Ma, personalmente parlandone, mi piace più immaginarle come delle meravigliose fate, un popolo appartato, lontano dagli umani sardi che spesso si divertivano a prendere in giro.

 

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