Storia del banditismo sardo

Il banditismo sardo è un tema che mi ha sempre appassionato ed incuriosito, ed in seguito alle varie escursioni che ho affrontato, la curiosità è diventata sempre più forte. In particolare dopo aver visto la valle di Lanaittu (ad Oliena) ho sentito la necessità di dover scavare più affondo alla questione. Nonostante il banditismo in Sardegna sia un aspetto molto importante della storia sarda, esso è comunque un problema drammatico, ancor oggi di attualità, che pone spesso l’isola al centro dell’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica nazionale.

Banditismo 1

Nonostante tutto, rispetto ad altre realtà criminali, il banditismo sardo è stato scarsamente preso in considerazione. Talune interpretazioni del fenomeno si sono basate sull’idea di una protesta armata contro le nequizie delle istituzioni, contro le sopraffazioni dei “galantuomini”, contro la formazione di un moderno stato liberale e contro l’autorità.

Le origini del banditismo sardo sono molto più antiche di quanto si possa immaginare, le cause che ne scaturirono l’inizio risalgono al regno di Vittorio Emanuele I.

In quel periodo l’Unità d’Italia aveva fatto passare in secondo piano tutte le problematiche sociali che affliggevano in particolar modo il Meridione e la Sardegna, colpiti da gravi problemi di sotto sviluppo economico e sociale. Questi problemi, per il neo governo italiano, apparivano insormontabili tanto da abbandonare l’isola a se stessa. In Sardegna analfabetismo, povertà, economia inesistente, epidemie e malaria la facevano da padroni. Nonostante i deputati sardi portarono in Parlamento tutte le problematiche, non venne mai dato loro ascolto, e le loro richieste caddero nel nulla.

Banditismo 2

Nel 1865 venne emanata una legge reale che prevedeva il frazionamento e la privatizzazione dei terreni che fino a quel momento erano stati sfruttati in maniera collettiva. Questo fenomeno portò ad un azione di disboscamento dell’Isola, tutto a vantaggio dei Piemontesi i quali iniziarono una feroce occupazione isolana e un utilizzo sconsiderato del patrimonio boschivo, utilizzandolo soprattutto per la realizzazione delle reti ferroviarie europee.

Questa situazione portò ad un malcontento popolare e, tre anni dopo l’emanazione della legge reale, ebbe inizio la rivolta dei sardi: “Su Connotu“. 

Banditismo 3

Con la loro protesta esprimevano tutto il malcontento per ciò che a loro è stato tolto e che da sempre avevano conosciuto. La rivolta guidata da Paschedda Zau portò all’assalto del Municipio nuorese e alla distruzione di tutti i documenti che avevano sancito tale legge. In seguito alle proteste il Governo Italiano istituì una Commissione di inchiesta voluta e guidata da Agostino De Pretis che instaurò delle relazioni di collaborazione con gli esponenti e rappresentanti dell’isola, Francesco Cocco Ortu e Ignazio Aymerich.

Nonostante venne stilata un accurata relazione, questa non venne mai presa in serie considerazione e, come se non bastasse, tra il 1865 e il 1870 iniziò un selvaggio sfruttamento delle risorse minerarie dell’isola, sempre da parte dei Piemontesi, i quali approfittando della scarsa competenza delle maestranze locali presero il totale controllo della situazione e avviarono così lo sfruttamento dei minatori sardi, spesso sostituendoli con minatori arrivati dal continente. Tutto ciò non poteva che indebolire e impoverire ulteriormente l’isola. Tra il 1887 e il 1891 si arriva al fallimento delle banche sarde portando alla rovina tutti i risparmiatori, rendendo la Sardegna la regione più povera d’Italia.

Questi ultimi fatti, insieme ai moti de ” Su Connottu”, la crisi agraria, la crisi mineraria, furono la ragione decisiva per l’instaurarsi del fenomeno del banditismo. Nasce e si sviluppa soprattutto nel Nuorese, maggiormente nel territorio di Orgosolo, il ruolo del bandito diventa quello di colui che combatte i soprusi attuati dai potenti, uccide e poi si da alla latitanza. Consapevole di ciò la popolazione concede il proprio aiuto al bandito rispettando quelli che sono i canoni del ” CODICE BARBARICINO “. Per i barbaricini le leggi dello Stato erano regole non comprese, e pertanto non rispettate di un altrettanto non compreso Stato nazionale. Il “Codice Barbaricino” venne diviso in te categorie:

  1. i principi generali;
  2. le offese;
  3. la misura di vendetta.

Verso la fine dell’ottocento avviene un ulteriore sviluppo del fenomeno anche a causa dei rapporti in loco fra elementi sardi e delinquenti meridionali.

A causa delle forti basi del banditismo, delle varie forme di criminalità diffuse nelle campagne (legate a motivi di ordine economico, sociale e culturale) e della forte conoscenza del territorio, non poteva essere sufficiente l’intervento militare, gli arresti o le condanne penali. E per questo che le ricorrenti campagne di repressione, attuate nei secoli sino ai nostri giorni, non sono riuscite a stroncare definitivamente questo fenomeno, che ha continuato a persistere sotterraneamente, esplodendo talora in episodi particolarmente gravi e dando luogo a un diffuso stato di insicurezza e di sofferenza civile che condiziona pesantemente, ancor oggi e soprattutto in alcune zone dell’isola, l’attività produttiva e l’intera vita comunitaria.

Banditismo 4

Nel corso degli anni il banditismo venne identificato come “anonima sequestri” o “anonima sarda” dai giornalisti, fra i grandi che scrissero dei banditi ricordiamo Antonio Gramsci che subì notevolmente il fascino di Giovanni Tolu e Sebastiano Satta che scrisse a lungo, sia nei suoi appunti e racconti sia nei suoi componimenti poetici, delle storie di banditi, esaltando spesso le loro azioni e dando loro un carattere di umanità intensa e struggente.

A differenza di alcune organizzazioni criminali italiane, come ad esempio Cosa nostra e Camorra (che nel tempo tramandano il proprio potere, posseggono un ordine prestabilito e colludono la propria influenza con le istituzioni politiche), l’anonima sarda è stata un’associazione a delinquere indipendente che seguiva le regole del codice barbaricino e non ha mai avuto mai rapporti con organizzazioni criminali e con la politica italiana.

I movimenti terroristici e paramilitari più famosi, nati nell’isola, furono Barbagia Rossa, Movimento Armato Sardo e Comitato di Solidarietà con il Proletariato Prigioniero Sardo Deportato, nella maggior parte di ideologia comunista e indipendentista (il fatto che l’ideologia fosse di sinistra è dovuto a dei contatti avvenuti tra banditi sardi e militanti eversive di estrema sinistra e attive nel terrorismo rosso, quali Brigate Rosse e Nuclei Armati Proletari), nell’arco di un decennio rivendicarono diversi attentati e sequestri di persona (grazie alla conoscenza profonda del territorio, per i banditi sardi fu più facile nascondersi e mettere in atto i loro piani, ma soprattutto era praticamente impossibile per loro essere scovati dalle forze dell’ordine).

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Ecco in poche parole una breve cronistoria di un argomento che nella realtà avrebbe bisogno di molto più tempo e documentazione per divenire esauriente, e per poter affrontare tutte le varie sfaccettature del tema stesso. Io credo che il banditismo (soprattutto nella mentalità), abbia radici ben più profonde, che ci fanno tornare indietro a tempi molto più antichi, e penso che queste radici si svilupparono fin da quando la nostra isola è stata terra di conquista e di sfruttamento, e mai, o quasi mai, di investimenti e integrazione, cioè praticamente da sempre.

Non avere fiducia e conseguentemente rispetto dell’Autorità, dei Governi, delle Istituzioni (siano esse monarchiche o repubblicane), unite al bisogno di sentirsi liberi, di essere parte del territorio, di essere Balenti e uomini veri, con un fortissimo legame familiare, sono tutti aspetti che insieme ad altri ancora caratterizzano la nascita e lo sviluppo del banditismo. (secondo me)

Link utili: Video banditismo 

Arresto Graziano Mesina

Fonti: http://web.tiscali.it/Banditismo/

Banditismo

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2 Replies to “Storia del banditismo sardo”

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