Quando cantare dona un pizzico di libertà

 

E’ già capitato che in questo blog persone esterne abbiano collaborato o addirittura scritto gli articoli che poi voi avete letto, questa è una di quelle volte ed io colgo l’occasione di salutare tutti presentandomi, sono il padre di Gabob, credo di essere già stato l’attore principale in un suo articolo in cui si parlava di musica, ma al di là di questo mi piace seguire il blog, inoltre ho spesso avuto la possibilità di aiutare nella composizione dell’articolo Gabriele stesso, quindi in più di un’occasione mi sono sentito parte attiva. Comunque mi è stato proposto di parlarvi di un’esperienza per me un po’ particolare e quindi eccomi qui ad esporvela con grande piacere.

La musica è sempre stata per me Occasione, Incontro, qualche volta anche Scontro o Rimpianto, ma in ogni caso sempre parte appassionata e viva della mia vita ed inevitabilmente della mia famiglia, mi sono sempre lasciato trasportare dalle proposte che per causa sua mi capitavano e quindi mi sono ritrovato tante volte in situazioni che non sono proprio quotidiane. Fra le mie varie attività musicali una delle più importanti è legata alla direzione del coro “Associazione del Piccolo Grande coro Polifonico Oschirese” che quest’anno ha avviato un progetto, “Liberi di Cantare”, che prevede le varie esibizioni all’interno dei carceri che decidono di aderire all’iniziativa, così uno sparuto gruppo di “diversamente giovani” si è ritrovato a Nuchis , un piccolo centro dell’alta Gallura vicino a Tempio, sede di un carcere con regime 41. Quando dopo i primi contatti ci sono state date le indicazioni per poter entrare all’interno del carcere non avevamo idea di cosa avremmo potuto conoscere ed incontrare, e soprattutto di come i detenuti ci avrebbero accolti, quindi titubanti il giorno 6 del mese di maggio, varchiamo il fatidico cancello, dopo aver deposto telefonini, macchine fotografiche, computer e quant’altro, dopo aver esibito documenti mostrato le nostre credenziali agli agenti preposti ai controlli, e poi un altro cancello, e poi un’altro ancora e ancora fino a raggiungere la cappella del carcere nella quale avremmo dovuto accompagnare col canto la Celebrazione della Santa Messa e successivamente ad essa intrattenere ancora i detenuti per un mini concerto di circa 20 minuti.

I carcerati erano a diretto contatto con noi e le guardie sorvegliavano attente tutta la situazione, però devo dirvi che non ho mai avuto sensazioni negative, anzi mi son sempre sentito tranquillo e la Messa si è svolta nella massima serenità e spiritualità che il momento richiede, col coro che ha potuto accompagnarla in modo ottimale e … bello. Qualche minuto dopo la fine del rito siamo pronti per eseguire i 4 brani previsti e preparati e così con la giusta attenzione, concentrazione e serenità proponiamo in successione:

Hallelujah di Leonard Cohen; Nostra Signora di Castro una mia composizione che è diventata l’emblema del coro; Dolcenera di Fabrizio de Andrè; infine il brano della speranza che è Mere Manna di Piero Marras.

Non so perché, forse la particolarità dell’atmosfera o il calore che i reclusi hanno mostrato nei nostri confronti, ma abbiamo cantato bene così come poche volte era successo, ed il ringraziamento sincero di chi era presente è stata la miglior paga da me mai ricevuta, è stata una di quelle volte in cui ti rendi conto che la musica comunque è motivo di incontro e di compagnia.

Alla fine di tutto mentre ritiravano i pochi attrezzi del mestiere che ci è stato concesso di introdurre, ci è stato spiegato che nelle carceri col regime 41 gli unici rei assenti sono i Mafiosi e i Terroristi, ma gli altri ci sono tutti e che in quel contesto noi siamo stati a contatto con trafficanti , assassini e altro, e proprio questo rende questo tipo di carceri di massima sicurezza, ma proprio per questo l’esperienza affrontata risulta ancora più bella e ricca di sensazioni positive.

Vi dico che il progetto vedrà nell’immediato la nostra presenza in altre carceri dell’isola, Mamone e Lanusei saranno le prossime, ma al di la di questo ciò che mi preme dirvi e che in questi luoghi ci stanno Uomini già giudicati per i loro crimini, Uomini che stanno pagando le loro colpe e probabilmente qualcuno di loro paga le colpe commesse da altri Uomini, però il bisogno di Umanità all’interno di queste realtà è davvero incredibile e indicibile, la sofferenza che si sente è reale , tangibile, e penso anche che liberarsi del problema con un semplice “ha sbagliato paghi” sia riduttivo, le sensazioni che ho provato in questa esperienza sono tutto tranne che riduttive, ho passato all’interno di quel posto un’ora e mezza circa e pur sapendo che dovevo uscire quando ciò è accaduto la fuori ho provato una indescrivibile sensazione di strano sollievo, che mi ha fatto riflettere. Non avevo mai vissuto un’esperienza come questa, e avevo sempre visto il carcere come il posto dimenticato da tutti quelli che sono fuori, e spesso anch’io ho pensato che chi commetteva errori di un certo tipo bisognava rinchiuderlo e gettarne la memoria nel dimenticatoio, una volta la dentro ha prevalso una sorta di sentimento atto a concedere una possibilità, forse una sola ma reale nella speranza o nel tentativo di recuperarne uno su…chi lo sa o magari anche nessuno, però la conclusione a cui sono arrivato è questa:

E’ giusto che quegli Uomini paghino per i loro errori che spesso sono gravi, ma noi non dimentichiamoci di loro proprio perchè in ogni caso sono Uomini.

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